“La paura della morte è da sempre la più grande alleata delle tirannie.” S.Hook


La piazza si è riempita poco alla volta, si è gonfiata di una moltitudine di persone calme, ben coscienti del perché era fondamentale trovarsi in quel luogo, a quell’ora. Non c’era rabbia, o almeno non quella rabbia cieca che offusca i sentimenti e dilaga negli incontrollati disordini di cui il potere si serve per screditare i manifestanti; no, c’era una collera sottile, si respirava la sdegnata consapevolezza di chi ha capito di esser parte di un esperimento genocida. I ratti, come li ha definiti qualche eminente buffone di corte, si erano riuniti senza bandiere, decisi a far sentire la propria voce. C’ero anch’io, per la prima volta nella mia vita sceso in piazza a manifestare. C’ero anch’io, ratto in mezzo ai ratti, reietto in una società che privilegia solo gli omologati al sistema. C’ero, ed ero, e sono orgoglioso di esser sceso in piazza. Non si può rimanere indifferenti a farsi vivere dalla Storia, non ci si può lamentare senza impegnarsi per il cambiamento, non si può vincere nessuna guerra senza un esercito compatto, anche se si tratta di un esercito di ratti. Il pifferaio magico, che Mattarella ha deciso dovesse guidarci verso l’annegamento nel fiume, ha provato a terrorizzarci -link-, mentendo spudoratamente sulla letalità del virus e sull’imprescindibile necessità della vaccinazione; dipingendo come untori i pericolosissimi non vaccinati -coloro che in autunno saranno pubblicamente accusati di aver perpetrato il finto circolo di morte innescato dalla sedicente pandemia-, e sprofondandoci nella totale violazione della Costituzione grazie al Green Pass. Il vaccino non è obbligatorio, certo, ma diventa implicito che senza il siero benedetto nulla sarà più come prima; anche se, ormai, è chiaro a tutti che in ogni caso nulla sarà più come prima. Mai più. Provate a invertire il moto di una valanga, poi fatemi sapere se ci riuscite. Il “dolce” suono del flauto del varano non ci ammalia, né tantomeno ci spaventa. Ci fa infuriare, questo si, ma, nel contempo, ci rende anche più fermi nel volerci opporre ad esso. Il nostro pifferaio magico non è stupido: laurea e carriera sfolgorante lo testimoniano, ma si è lasciato prendere dal panico. Qualcosa nei suoi piani luciferini deve esser andato storto: la fretta che ha dimostrato nel voler affogare quanti più sorci possibile lascia trasparire che i suoi padroni gli abbiano messo fretta. E non crediate che sia solo perché ad Ottobre saranno sdoganate le cure monoclonali da parte dell’UE, o perché l’amministrazione fantoccio di Biden abbia i giorni contati. No, questo è solo il contorno; il piatto principale è quello che gli uomini in gonnellino e compasso si sono lasciati scivolare dalle mani. <<Cameriere c’è una mosca nel piatto!>>, ha gridato qualcuno, mollando la presa e mandando in frantumi la fine porcellana su cui era disteso lo stufato di ratti. Al pifferaio e agli uomini gonnellati è sfuggito un particolare: i ratti sono ottimi nuotatori. Già, la favola del pifferaio magico è una “sola”, come direbbero a Roma, una stupidaggine talmente grottesca che solo chi non ha mai visto un ratto dal vivo può bersi. E se i ratti nuotano, risalgono gli scarichi, invadono le fogne, cosa vieta loro di sbranare il goffo flautista che li conduce al fiume? Il tempo stringe, il serpente antico avverte già la pressione del piede della Donna vestita di Sole che gli schiaccerà la testa, non gli resta molto da vivere, e si dibatte furioso cercando di arrecare più danno possibile. In primis all’Italia, culla della civiltà occidentale e, soprattutto, della Cristianità. Il proverbio ci ricorda che la fretta è cattiva consigliera, inevitabilmente conduce a commettere errori fatali. La sparata di Draghi è stata -eufemisticamente parlando- fuori luogo. Non ha sortito l’effetto desiderato, anzi, ha provocato una reazione diametralmente opposta. Il nostro amato presidente del consiglio avrebbe dovuto prestare più attenzione al suo collega transalpino, oggetto di una feroce contestazione da parte dei suoi sudditi. Ma non poteva, in fondo era accecato dalla premura e oberato dal piano di rinnovamento forzato cui era stato messo a capo. Doveva agire in fretta, con il pugno di ferro se necessario, e ha tentato l’approccio più caustico. Peccato che, avvertendo come una sorta di stonatura nella dolce melodia, i sorci si siano fermati, si siano rigirati e gli abbiano mostrato i denti. Tante piccole bestiole insignificanti, se prese singolarmente; un’orda affamata di giustizia, se visti come collettività. Il pifferaio ha smesso di suonare, il green pass non li ha spaventati tutti. <<Perché qualcuno ha reagito? Perché non si gettano tutti a capofitto nella corrente gorgogliante della cieca obbedienza a me, che sono loro sommo leader?>>, si deve esser chiesto tremante di paura. Ed è arretrato di un passo. Gli animali fiutano la paura: è parte dell’istinto di sopravvivenza, è una di quelle attitudini ancestrali celate nella parte rettiliana del cervello. I ratti si sono associati, hanno deciso di non piegarsi in massa, molti hanno scelto di resistere.

L’errore è stato proprio questo: credere che la paura avrebbe fiaccato la voglia di vivere, che il ricatto potesse fungere da grimaldello per fiaccare gli animi. Ma i sorci sanno nuotare, nuotano ogni giorno nelle difficoltà di una vita che il pifferaio non conosce, ma che non nasconde di disprezzare. Dorme su guanciali foderati di denaro, si avvolge in abiti sontuosi, ma è ostinatamente sordo alla voce dei suoi sudditi. Non li conosce, e perché mai dovrebbe? Perdono forse tempo i formichieri a curarsi di cosa pensino le formiche? No di certo, se ne nutrono e proseguono nella loro esistenza di predatori. Anche se è difficile definire predatore un animale che si ciba di formiche. La sproporzione di volume mitiga la percezione del dolore. Troppo grande il formichiere, troppo insignificanti le formiche. Ha fretta il pifferaio, ma non sa bene come riprendere il controllo: sa che dovrebbe salire al Colle per soppiantare il canuto Sergio, ma ha ancora del lavoro da fare; l’italietta dei piccoli e medi imprenditori non è ancora totalmente in ginocchio, e il tempo è poco. Sa di avere in pugno l’informazione, per lo meno quella ufficiale, sa di poter contare su ogni partito che gli ha giurato fedeltà -tutti, nessuno escluso, visto che anche l’opposizione è grottescamente artefatta come il trucco di un pagliaccio-, sa di avere dalla sua una buona fetta di magistratura, e di poter contare sull’indefesso appoggio dell’apostata chiesa bergogliana. Sa di avere il siero benedetto, e che lo deve inoculare a forza in quante più braccia possibili, sa di poter contare su medici corrotti, su esperti addomesticabili dalle idee ballerine; ha quasi tutto ciò che gli occorre per esser chiamato monarca assoluto, ma non riesce ancora a dare il colpo di grazia all’Italia. Forse gli è sfuggito che nel nostro Inno si dice più o meno così: “Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”; le abbiamo suonate di santa ragione agli Asburgo, qualcosa dovrà pur valere, o no? Oggi la nostra linea del Piave è rappresentata dalla libertà di coloro che non si piegano al regime, che non offrono il braccio alla sperimentazione eugenetica di stampo nazista, che non accettano che i loro dati personali entrino a far parte dell’identità digitale che l’Europa, e il Mondo della Davos-NewAge, tanto premono per ottenere. Non siamo certo un popolo dal carattere “incendiario”, come molte volte si sono dimostrati i nostri cugini d’oltralpe, ma non siamo nemmeno tutti fessi. Se osservate i metodi con cui ci stanno tentando di convincere a farci vaccinare noterete che non esiste solo la “linea dura”, quella che il Dittatore ha deciso di usare pubblicamente, e che viene rimbalzata come un mantra dai suoi strilloni; esistono anche le dolci ammalie di chi offre “vaccini sotto le stelle”, “vaccini con DJ”, “Vaccini & spiaggia”. Le stanno tentando tutte, stanno battendo ogni strada possibile; stanno volutamente ignorando che ormai sia di dominio pubblico che anche chi si è sottoposto alla somministrazione di due dosi di siero genico possa contagiare e possa, a sua volta, esser contagiato -link-. Il pifferaio e i suoi sgherri però non sembrano voler prestare ascolto a queste notizie, nonostante siano le stesse case farmaceutiche ad averle rivelate, preferiscono continuare a pilotare la pubblica informazione su lidi che ben conoscono. Se non è indice di insicurezza questo, davvero non so cosa possa esserlo! Un negazionismo tanto ostinato stride inevitabilmente con il presunto negazionismo del popolo sceso in piazza a manifestare per i propri diritti calpestati. Il potere nega solo le notizie che non gli fanno comodo, e si scandalizza per chi si oppone al suo diktat hitleriano, accusandolo di negazionismo. “Negazionista ideologico che attacca negazionista filoliberale, si sospetta pure no-vax”. Se non si rischiasse di esser bollati come schizofrenici potrebbe esser un ottimo scioglilingua da proporre a tutti quei giornalisti asserviti alla narrazione dominante, e felicemente proni al cospetto del PiffeMario.

Resistenza, altro che resilienza!
Resistenza significa opporsi con tutte le proprie forze al sistema egemonizzante, per difendere i propri diritti e la propria condizione di Esseri Umani. Resilienza è il concetto esattamente opposto, un termine imposto dalla cultura della neolingua fluida tanto cara alla casta dei Padroni. Resilienza è adattarsi, mutare abitudini, ripensarsi in termini più educati, e più edulcorati per non dar fastidio ai propri oppressori. Resilienza significa non creare problemi, spremersi per annullarsi fino a non avere più la forza di combattere per i propri diritti fondamentali; significa accettare, come condizione ineluttabile, ogni vessazione: che si chiami lockdown, vaccinazione, green pass, deportazione o campi di concentramento. Un popolo rinchiuso e terrorizzato, cui è stato negato il diritto costituzionale di aggregarsi, è il sogno di ogni tiranno. Quale dittatore non sognerebbe una perpetua sudditanza incondizionata dei suoi schiavi, quale tiranno non esulterebbe per esserci riuscito senza sprecare nemmeno una pallottola. Le guerre costano, e hanno sempre un esito incerto; ma se si convince la popolazione che il nemico non risiede ai piani alti, ma occupa l’appartamento accanto al nostro, il gioco è fatto. La guerra diventa una faccenda orizzontale, uno scontro fratricida tra poveracci che si massacrano per idee totalmente artificiose. Chi trae vantaggio dallo scontro delle masse sono solo i potenti, impegnati a gozzovigliare alle spalle dei malcapitati duellanti, comodamente assisi in poltrona a gustarsi lo spettacolo. In apparenza non devono neppure sporcarsi le mani: basta instillare un dubbio, un’idea malsana che una parte dei sudditi “rubi” qualcosa ad un’altra; e non resta che sedersi in prima fila per vedere chi la spunta. Con le loro macchinazioni hanno convinto due terzi della popolazione che il restante terzo sia composto da subumani zotici e privi di senso civico, egoisti e cattivi, antiestetici nelle loro idee retrograde e antiscientifiche. Hanno lasciato che strisciasse la convinzione che chi non vuole sottoporsi a questo siero genico sia un nemico pericoloso, subdolo, che non vuole il bene dello Stato, che non crede alla Scienza -la loro scienza fideistica, quella rappresentata dai loro dieci virologi da salotto-. Avvolti da un silenzio complice, senza lasciarlo trapelare in modo troppo palese, hanno fatto in modo che ogni partito si allineasse spontaneamente al pensiero dominante; dapprima creando una finta opposizione -pensateci, se tutti i partiti fossero dichiaratamente a favore del potere nulla più celerebbe l’effettivo regime in cui viviamo-, poi facendo in modo di dar l’illusione che anche i “dissidenti” si sentissero in qualche modo rappresentati da essa; anche se, all’atto pratico, sono tutti a favore della campagna vaccinale.
Negli anni del paradiso comunista russo i cittadini dovevano possedere un “passaporto interno” -link-, documento indispensabile per accedere a determinati servizi, e necessario per dimostrare di esser russi; i Nazisti introdussero l’Ahnenpass -link-, letteralmente “passaporto genealogico”, un documento personale utilizzato per certificare che una persona poteva essere considerata “ariana” con un “sangue puro”. I Cinesi, proprio ai giorni nostri, hanno istituito il Shèhuì Xìnyòng Tǐxì, il Sistema di Credito Sociale -link-, un’iniziativa creata al fine di sviluppare un sistema nazionale per classificare la reputazione dei propri cittadini. È stato comunicato che questo sistema è utilizzato per assegnare, ad ogni cittadino -o ratto, che dir si voglia-, un punteggio rappresentante il suo “credito sociale”, sulla base di informazioni possedute dal governo, riguardanti la condizione economica e sociale di ogni singolo cittadino. Funziona come un sistema di sorveglianza di massa e sarà basato su tecnologie per l’analisi di big data. Inoltre, ha la funzione di attribuire un punteggio alle imprese che operano nel mercato cinese e quindi di classificarle. Tre regimi, tre lasciapassare per ghettizzare la popolazione. Cosa rende diverso il “lasciapassare verde”? Cosa differenzia la dittatura in cui viviamo dalle altre tre? Solo la parvenza di democrazia che ci hanno gentilmente concesso di poter sbandierare, ma che di fatto non esiste più dal 6 Agosto. A piccoli passi hanno ottenuto grandi risultati nel campo della schiavizzazione e dell’emarginazione controllata; poi, se mai questa follia dovesse dimostrarsi più efficace di quanto non lo sia ora, proporranno tutta una serie di giri di vite alla nostra libertà individuale.
Se avete preso per buone
Le “verità” della televisione
Anche se allora vi siete assolti
Siete lo stesso coinvolti – F. De Andrè, La Canzone di Maggio
Per rendersi conto della mole di bugie che sono state vomitate dal mainstream basterebbe, per citare i due esempi più clamorosi, osservare come si stia evolvendo la curva dei contagi in Inghilterra e in Israele, Nazioni che hanno, ambedue, completato il ciclo vaccinale di due dosi. Bene, in Israele la situazione è talmente rosea che hanno già iniziato ad infilzare la gente con la terza dose -link-, e in Inghilterra il 60% dei casi ospedalizzati è titolare delle 2 dosi -link-. Questo fuori dai confini Nazionali, ma non temete, dal canto nostro c’è chi ha pensato addirittura più in grande! In Italia qualcuno ha caldeggiato l’idea della quarta dose -link-, anche se non si è neppure completato il ciclo della seconda: Melius abundare quam deficere. Ed è logico, suvvia, non pensate male come sempre! Il Green pass ha una durata limitata nel tempo, ed è inevitabile che continuino a volerci punzecchiare per molti anni ancora, magari un buchetto all’anno, magari uno ogni sei mesi, ma, perché no, anche uno al giorno, crepi l’avarizia! Ma qualcuno ha avuto idee ancora migliori: come non parlare di chi, come Marcello Sorgi sta iniziando a ventilare un’ideuccia niente male: un bel regime, pardon, governo militare -link-. Già introducendo nell’organico il Competentissimo Generalissimo Figliulo ci hanno abituato all’idea di ritornare, come nel Ventennio, a non far caso che una parte dello Stato sia a tutti gli effetti militarizzata; il passo successivo, di sostituire cioè tutti i Ministri con dei Generali potrebbe non essere il sogno di un folle, chissà. Mi pare fosse Rino Gaetano a dire: “Chi vivrà, vedrà”, già, ma io postulerei così: “Chi sopravvivrà, vedrà?”.
Chi non si rende conto che questo sia solo un ennesimo passo verso la fine non ha ben chiaro un concetto: il lasciapassare verde ha l’esplicito compito, politico e sociale, ma assolutamente non medico, di creare un pretesto: se un medico, nascondendosi dietro la condizione di “non vaccinato” di un suo paziente, si rifiutasse di curare quest’ultimo, cosa gli impedirebbe, per estensione, di non voler curare un fumatore incallito colpito da tumore, o un automobilista spericolato che ha avuto un incidente a 200 all’ora? Nulla gli vieterebbe di appellarsi al fatto che un malato di HIV sia “colpevole” di condotta sessuale illecita, o immorale, o che una persona affetta da Epatite non sia degno di ricevere assistenza. Tutto questo con buona pace del giuramento di Ippocrate. Per ovviare a questa assurdità potremmo proporre all’Ordine dei Medici di modificare il giuramento da Ippocrate ad Ipocrita, ma temo che pochi accetterebbero di fregiarsi di tale nobile appellativo. Ora, se spostiamo il problema al di fuori dell’ambito medico, e ci dimentichiamo per un attimo di quanto la loro debba necessariamente essere una vocazione e non una professione, e torniamo a calpestare suoli più “comuni”, noteremo come i ristoratori, i negozianti e ogni altra categoria di professionisti che si vantano di essersi omologati alla follia dominante, possa arbitrariamente rendersi complice di ogni tipo di vessazione nei confronti di una fetta considerevole della popolazione. Legittimati dallo Stato, ovviamente, e, pertanto, essendo dalla parte – in apparenza corretta- di questa distopica ragione, non perseguibili e non criticabili.
Le rane di NOAM CHOMSKY

Il principio della rana bollita spiega che, immergendo una rana viva e in salute in una pentola, e poi alzando gradualmente la fiamma, la si potrà bollire viva, senza che l’anfibio se ne accorga. Dapprima l’acqua diverrà tiepida, poi, con il passare del tempo, e l’intensificarsi della fiamma sotto la pentola, la temperatura salirà in maniera graduale fino al momento in cui la rana non avrà più la forza di saltare fuori dalla pentola, e soccomberà senza neppure essersi resa conto di esser stata uccisa poco alla volta. L’idea non è campata in aria, sia ben chiaro, e il principio applicato è lo stesso che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle da un anno e mezzo a questa parte: poche restrizioni alla volta, un continuo tiramolla di aperture e chiusure, il tutto intervallato da periodi -sempre più corti- di artefatta normalità. L’idea di bollirci poco alla volta sembrava funzionare, ma, come ho detto all’inizio dei miei sproloqui, qualcosa si è inceppato nei piani del potere. E hanno commesso una serie di errori che li ha obbligati ad alzare, troppo rapidamente, la fiamma sotto al calderone. Forse nessuno si aspettava che il volgo ignorante reagisse con tanto ardore alle loro angherie, o che l’aver addomesticato giornali e televisioni aprisse la strada al tamtam di notizie dissonanti sul web. Forse non avevano neppure considerato che il broglio delle elezioni presidenziali Usa venisse smascherato tanto rapidamente, o forse nessuno si aspettava che il siero magico provocasse una tale risma di effetti collaterali non desiderati -link-; ma, fatto sta, che si sono iniziate ad intravedere delle crepe nel muro eretto tra il Potere e la realtà, crepe che hanno lasciato trapelare quel tanto di luce necessaria a dilaniare l’oscurità in cui gli Oligarchi avrebbero voluto tenerci. Se si alza troppo velocemente la fiamma la rana salta fuori dalla pentola. A quel punto riacchiapparla è molto più difficile: una volta capito il trucco l’animale cercherà di sottrarsi alla morte con ogni mezzo. Che si parli di rane bollite, di formiche, o di sorci, il principio è lo stesso: la Verità è contagiosa e dilaga più velocemente della pestilenza con cui hanno provato a renderci schiavi.

Non si possono nascondere a lungo le proporzioni delle manifestazioni di piazza, non si potrà sedare per sempre il malcontento popolare con una narrazione terroristico-sanitaria; ma, soprattutto, non si potranno più tanto facilmente ingannare le persone “risvegliate” di colpo da quanto stia accadendo intorno a loro. Ieri, mentre sfilavamo in chiassoso ordine per le vie di Torino, ho notato accanto a me persone ben consce della loro condizione, padri di famiglia, madri, figli, gente comune che chiedeva solo di poter vivere una vita normale; senza doversi per forza suicidare con il placet dello Stato in cui sono nate. Un ragazzo, armato di voce e megafono, si è più volte rivolto agli increduli spettatori che si affacciavano ai balconi, invitandoli a scendere e ad unirsi alla pacifica, ma decisamente rumorosa, protesta. Li invitava con parole che condivido in pieno, esortandoli a combattere per i propri diritti, spiegando che non era una manifestazione “contro i vaccini per partito preso”, ma un vero grido di libertà contro la tirannide del governo Draghi. Li invitava a contarci, a pensare al risicato numero di manifestanti che i giornali avrebbero riportato il giorno successivo, a guardarci bene, a constatare come fossimo esattamente identici a loro; spiegava con voce ferma che nessuno li avrebbe additati come “cavie”, eravamo solo tutte “vittime” di quanto hanno tentato di imporci. Qualcuno rideva, evidentemente già avvolto nel mantello da supereroe regalato insieme alla seconda dose di vaccino, altri sgranavano gli occhi, forse increduli della fiumana che passava educatamente indignata sotto le loro finestre, altri forse hanno deciso di scendere ed unirsi a noi, nonostante la pioggia battente avesse iniziato ad inzupparci i vestiti.

Quando siamo arrivati sotto la sede della Stampa -e di Repubblica- il grido della folla si è rivolto verso quella casta di giornalisti asserviti al potere, complici della morte di centinaia, forse migliaia di innocenti, abbandonati a “tachipirina e vigile attesa”. I nuovi servi del potere, coloro che, come i medici che hanno dichiarato di non voler curare i malati covid non vaccinati, hanno tradito la loro professione e il loro supposto codice deontologico scegliendo di mentire apertamente e tacere su ogni atto che “disturbasse” la quiete del Potere, si sono affacciati all’uscio; pochi risicati abbozzi umani celati dietro le loro striminzite museruole, certi di poter celare la paura e (spero) la vergogna che fa storcere le labbra. Ma gli occhi, quegli occhi increduli che osservano la folla vociante che acclamava libertà e verità, quegli occhi lasciavano trasparire un’espressione non facilmente decifrabile. Ho letto una collera strisciante, fulminea come quella che attraversa lo sguardo del bambino colto con le mani nella marmellata; ho colto tristezza, paura, trepidazione, impotenza; forse, e lo spero più di ogni altra cosa, rimorso. Più è alto il compito affidatoci, più dovrebbe esser insopportabile la pena che dovrebbe provare chi si macchiasse di un tanto palese tradimento. Sono rientrati nell’edificio, poi, alla fine, e la manifestazione si è dissolta in buon ordine, verso le otto e mezza della sera. Avevo pregato, prima di iniziare a camminare, avevo pregato che il Signore mi proteggesse e che proteggesse ogni anima coinvolta in quella marcia di ratti, avevo pregato che non ci fossero incidenti, avevo pregato non per paura di uno scontro, ma per provare a tutelare lo spirito sacrosanto che muoveva i nostri passi. Avevo pregato soprattutto perché ai Potenti non fosse regalato un “casus belli” che li legittimasse ad usare la violenza contro noi, contro i ratti che non si sono voluti piegare al regime. Tutto è andato per il verso giusto, e, sebbene sia ben conscio che l’impegno preso vada reiterato fino a che le cose non cambieranno, non dispero. La forza donata dalla fede incrollabile che queste macchinazioni diaboliche NON trionferanno mi sostiene, esattamente come mi sorregge l’orgoglio di aver marciato nel ventre della Storia, di esser stata una formica che capace di gridare la mia ferma opposizione a questa dispotica tirannia. Sono fiero di aver fatto parte di qualcosa che forse non cambierà immediatamente gli equilibri in gioco, ma che, certamente, ha sfilato fregiandosi degli invisibili vessilli del Bene e della Luce.

Avevano già apertamente dichiarato con una puntata di Black Mirror la volontà di applicare un sistema crediti/meriti per far (soprav)vivere il popolo abietto. Sistema da cui nella puntata (e nei desideri dei potenti) non esci, per fortuna la realtà è diversa: siamo immagine di Dio, abbiamo la Scintilla Divina in noi, l’anima, nessuno potrà mai schiacciarci perché nessuno è più forte di Dio che ci protegge.
Assurdo che la moltitudine di giovani, che pure è famigliare con questi concetti distopici, non sia in grado di riconoscerli nel proprio presente. Ma questa cecità è già punizione divina in se stessa. La giustizia di Dio esiste e funziona.
Preghiamo perché avvengano risvegli.
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